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FERRI VENEZIANI
Fiori, trine e merletti. Un po' monotoni nella monocromia, rossastra, rugginosa, verrebbe da dire autunnale se non rimanesse, invece, inalterata nel tempo. Fiori, trine e merletti costruiti per proteggere ma sdrammatizzando la necessità della tutela, fingendo fragilità dove comunque albergano la solidità e la forza. Sbarre, cancelli, inferriate, sostegni: segni di una leggerezza inusitata, perfino perfettamente geometrica oltre che, altrimenti, tra il gotico, il barocco e l'informale. Come se l'artigiano-artista che li ha estratti dalla materia grezza, che ne ha plasmato con fatica la levità, volesse nasconderne, se non proprio negarne, l'uso decretandone, invece, una esclusiva qualità estetica atta a decorare, ad abbellire, a ingentilire. Come se l'artigiano-artista volesse, in realtà, far credere che l'acqua, per quanto insalubre, e la pietra, notoriamente sterile, di questa città anomala siano in grado, insieme, di far sbocciare dei fiori rossastri e rugginosi o di indirizzarne una crescita di tipo para-vegetale fino alla pura astrazione. Il fotografo non si è fatto affascinare da questi tentativi di partenogenesi e di mimesi. E si è concentrato sugli elementi primari. Ottenendo un risultato assai simile alle voglie dell'artigiano-artista, ma razionalmente ricomposto. Provando a dimostrare l'assoluta matericità di quei ferri - fiori, trine o merletti che siano- ma, nel contempo, stemperandoli con la luce per proclamarne, appunto, la fragile, inusitata leggerezza.
Carlo Montanaro
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